Archive for the 'Riflessioni' Category

27
Ago
13

il DOGMA REDIVIVO

I dogmi hanno una natura molto sottile. Tu credi di esserti liberato da un dogma, da una credenza, e di fatto stai approdando ad un’altra. Rinunci alle menzogne del capitalismo per abbracciare quelle della rivoluzione. Abbandoni la sicurezza del cattolicesimo per ritrovarti colmo delle sicurezze del buddismo. Perdi il pregiudizio dell’omofobia per respirare a pieni polmoni il pregiudizio antimaschile. Abbandoni il bigottismo moralista di chi considera il sesso strano una patologia per abbracciare lo snobismo di chi crede che farlo alla missionaria sia da poveri sfigati. Smetti di berti le bugie degli inquinatori che consumano il pianeta per dissetarti delle balle degli ambientalisti che lo difendono. Ve lo ricordate il finale di Trainspotting? Basta con la vita folle della droga, scelgo un lavoro, la lavatrice, i pannolini.

Non c’è una sponda buona. Non c’è uno schema libero. Ci sei soltanto tu, e mille possibili prigioni in cui cullarti.

Quel di cui parlo io è sciogliersi dalla necessità della sponda, della rete di sicurezza. La cosa più piacevole è che non c’è nessun trucco: non si tratta di accogliere una visione del mondo, quale che sia. Si tratta di smettere di aver bisogno di avercela, una visione del mondo.

30
Giu
13

Molti nomi, sono nessun nome.

enemy

Il nemico non è l’ideologia.
Non è la religione, non è una razza, non è un club privato né una lobby né un clan.

Il nemico c’è, e la sua natura è perversa.
Perversa, perché nasce per servire la nostra vita, e poi la rende schiava. Nasce per migliorarci e offrirci opportunità, e poi ci rende miseri e ci costringe a scelte a lui funzionali.
Perversa, perché non ha un volto, una identità: ruba ogni volto, ruba ogni identità. Nasce servendola, nell’illusione di darle più spazio e agio, poi la schiaccia e la rende sua, distruggendo facce e idee.
Perversa, perché risorge sempre, non vive in un corpo, emerge da qualsiasi corpo e lo fa suo strumento. E per quanti corpi asserviti vengano sconfitti, lui non muore mai: trasmigra nel corpo di chi lo ha appena sconfitto.

Il nemico ha molti nomi: molti nomi, sono nessun nome.
Si chiama denaro, si chiama moda, si chiama politica, si chiama cultura, si chiama tradizione, si chiama convenienza, si chiama buonsenso. E appena viene sconfitto, si chiama rabbia, si chiama rivoluzione, si chiama cambiamento, si chiama nuova speranza.
Non appena diviene tramonto, ecco che si chiama alba.

Il nemico c’è, ha un’anima ed ha un nome.
La sua anima è: codardia.
Il suo nome è: struttura.

Il nemico, siamo noi.

05
Giu
13

Il punto è che

il punto

Il punto è che.

Mi fanno notare che “sembra tu sia un esperto di Antartide, come mai ti appassioni tanto a questo argomento?” quando ecco non è affatto così. Dell’Antartide a me non importa proprio un cazzo. Né dei ghiacci in generale, né del surriscaldamento globale, che ci sia o che non ci sia.
Il fatto è che io scrivo sempre la stessa identica cosa.

Quando dico che la realtà è una opinione e che scegliersela è un atto di responsabilità.
Quando dico che se un partigiano stupra e tortura sarà anche un partigiano ma resta un criminale e non mi pare una buona idea incensarlo come eroe della patria.
Quando dico che la scienza è un modo di pararsi il culo esattamente come la religione, la stregoneria, l’ideologia politica, il tifo sportivo o la fede in Elvis Presley.
Quando dico che abbiamo perduto il senso della forza e del suo uso.
Quando parlo dei Drive.
Quando parlo di Memento o di Fight Club o degli zombie di Romero.
Quando parlo di sessualità alternativa.
Quando affermo che il BENE e il MALE son roba nostra che ci tocca definire e che se li vogliamo soltanto sentire arrivare da dio e ripeterli pari pari allora siamo delle radio e non degli esseri pensanti.

Il punto è che.

Se dico che mi suona strano che ci sia un riscaldamento globale mentre il ghiaccio aumenta anziché diminuire mi si risponde: ah, vuoi fare l’uno contro tutti?
Il punto è che se sono TANTI GIORNALISTI a dire che il ghiaccio si sta sciogliendo allora conta di più di quel che dicono i POCHI scienziati che al polo sud ci vivono? Il punto è che se in dio ci crede TANTA gente da TANTO tempo allora cazzo dio c’è di più. O anche che la tua teoria dei drive è originale, troppo originale: chi credi di essere per azzardare una teoria tua sull’evoluzione del genere umano?
Il punto è che ripetere che Brawndo è quello che vogliono le piante perché ha gli elettroliti è facilissimo. Azzardarsi a provare con l’acqua invece non è per niente facile, perché non lo dice nessun altro. Diventa possibile solo quando qualcuno afferma che sa parlare con le piante e che quelle vogliono l’acqua, perché lì entra in ballo la fede nel potere superiore. Ma se occorre ragionarci sopra con la propria testa no, cazzo, così è pericoloso: così c’è corresponsabilità.

Firmavo tempo addietro con “il mio obbiettivo non è vincere, è evolvere” e ci credo ancora molto: vincere e perdere è un gioco anche divertente, ma tremendamente paralizzante. Poi vabbé, tutto si può rileggere come pare e piace, e a chi fa piacere così può leggere questo post come un auto pompino. O persino come un ribadire i contenuti che ho accennato in giro (e questa lettura sì, questa è davvero degna di Idiocracy).

Per gli altri, quelli che magari ci leggono qualcosa di diverso, lo spunto per valutare quanto la struttura del pensiero sia una trappola, il suo contenuto semplice formaggio sul meccanismo di scatto.

Stefano Re ©2008

02
Giu
13

Il Jazz del perché

il jazz del perché

Un occhio decide di osservare? Può chiudersi oppure aprirsi, guardare di qui o di là, ma decidere di osservare non lo riguarda proprio: è una domanda che non c’è.*

Il “perché” è una domanda che non c’è – se ti piace la filosofia. Oppure che questi dati concettuali si relazionano tra loro sotto il metro di Plank, se preferisci la Scienza.

Ma si può passare oltre, si può pensare senza avere più bisogno di un perché.

Eccoci un ulteriore metalivello: dal posso (livello della misura) al voglio (livello dell’espansione) il sono è viziato da malattie differenti – tra cui i tuoi “perché”. Se però passi al devo (livello di chiusura del cerchio) ecco che la tua risposta torna d’attualità: sei l’unica cosa che sei (e dunque il mondo è ciò che è) perché così ti sei attuato.

*al riguardo, io trovo davvero curiosa la fallacia della domanda assurda. Il fatto è che gli esseri umani hanno questa curiosa tendenza a ripetere coattivamente un modello di interpretazione quando ha dato loro soddisfazione, anche però fuori dei regni in cui esso ha dominio. La domanda “perché” è difatti uno strumento di grande valore finché il terreno su cui si posa ha forme che la nostra mente è in grado di possedere. Serve al bambino per definire le misure del suo mondo percettivo e quindi posizionarsi in esso. Insomma il “perché” non è una vera domanda (come tale non ha mai risposta) è un segugio che ci conduce fino ai limiti del misurabile. Poi però va lasciato lì: spostare la domanda “perché” oltre il dominio del formalizzabile NON è come insistere a voler misurare la distanza tra due gluoni con un righello di 15 cm, che pur impossibile è una questione di mera scala (size matters insomma), è come voler prendere con le mani un raggio di luce.

Il bello è che, a domanda impossibile, l’essere umano trova coerentemente risposta impossibile:
– perché esiste l’universo?
– Dio!
🙂

23
Mag
13

Tutto il tempo che vuoi

time

Una delle affermazioni più comuni che mi mandano in bestia è: “vorrei, ma proprio non ho tempo”. Che diamine: il tempo manco esiste, tu esisti! Sei tu che decidi cosa fare ora, cosa fare dopo, cosa fare ancora dopo, e per quanto andare avanti a fare questa o quella cosa. Il tempo è come il danaro: concetti che abbiamo inventato per facilitarci la gestione dell’esistenza. E invece, chissà perché, la maggior parte delle persone finisce intrappolata a inseguire questi concetti, creati per servire, che finiscono per dominare.

Che poi, scrivo “chissà perché” solo per galanteria: succede per codardia. Perché è più facile faticare servendo che faticare decidendo.

Se decidi, oltre che la fatica, ti tocca anche la responsabilità.

Non tutti hanno la stoffa per essere il proprio Dio.

21
Mag
13

Genetica della Memoria

..dove eravamo rimasti?

Ecco, qui si va davvero sul filosofico, il che comunque mi attizza assai: che cos’è l’uomo se non un risultato della natura? La nostra autocoscienza, non è un semplice comportamento emergente del trufolare e ingarbugliarsi di atomi e poi cellule e poi organi? Ora, l’autocoscienza ce la abbiamo, evviva. Possiamo dirci, mica l’ho chiesto io! e mollare le redini, oppure possiamo dirci: chissenefrega se sono qui perché mi ha creato a sua immagine eccetera un barbuto pelandrone che fa il misterioso o se son qui perché il caos e l’autorganizzazione meccanica o se son qui perché prima ero altrove e mi son detto dai, facciamoci stò giro: SON QUI, e di qui parto.
Prendendomi TUTTE le responsabilità del mio esser qui, incluse le mie reazioni istintuali che provengono dalla mia memoria genetica – MIA, nel momento in cui la attuo, NON della razza umana – NON di chi l’ha creata – della natura – del caos.
MIA.

Ed è qui che, come disse l’uomo senza troppa memoria, occorre esclamare: “a che punto eravamo rimasti?”

16
Mag
13

dalla SEMANTICA alla PRAGMATICA (passando per Dio)

.

La parola Dio, con tutti i sottocodici che la hanno accompagnata, non è PER NULLA un gioco di parole di tipo teorico e filosofico *e basta*. E’ prima un gioco di parole teorico e filosofico ed è POI una ricaduta pragmatica che ha comportato effetti diciamo abbastanza visibili nel corso dei secoli. Cosette tipo genocidi, crociate, vite dedicate ad esso, vite salvate in suo nome, vite stroncate in suo nome, sistemi politici nati cresciuti o cancellati per esso.
Ma stiamo anche nel piccino, che magari ci tocca di più: un gioco di parole chiamato Dio finisce col decidere se un gay viva bene questa sua pulsione o la viva male, magari per tutta la vita. Decide se la fanciulla che corteggi te la dà oppure no (in molti valuteranno questo aspetto più importante di crociate e genocidi, immagino). Decide se antenne di Radio Maria faranno o meno ammalare i tuoi figli e se un tribunale le farà togliere o invece no. Decide se l’IMU lo paghi tu e anche loro oppure solo tu. Decide a volte se un tal libro possa o meno aver diritto ad essere usato in una università oppure no. Decide un sacco di cose.

Certi “giochi di parole” fanno ben altro che far passare il tempo in un forum o soddisfare l’ego di Stefano Re.

14
Mag
13

Decidere il mondo

1984 Four Fingers

La matematica necessita di un essere umano per venir utilizzata. Nel suo utilizzo avviene una scelta, una descrizione. Dopo ogni elezione, tutti enunciano statistiche. Per ciascuno significano qualcosa di diverso. Per ciascuno c’è un numero che dice qualcosa. Ma i numeri, non dicono proprio niente: siamo noi a dire cose, leggendoli e ripetendoli.
Per chi crede nel riscaldamento globale, il mare sta svaporando a velocità tremenda e la colpa è dell’uomo. Per chi non ci crede, sta svaporando costantemente da circa settemila anni e l’uomo non c’entra un fico secco. Stessa cosa coi ghiacciai: la Peninsula dell’Antartide si sta sciogliendo, i grandi ghiacciai millenari nei continenti stanno recedendo: è una prova per alcuni. Per altri, l’intero Antartide tranne la Peninsula, che ne è solo il 10% e assieme ai grandi ghiacciai nei continenti arriva al 20% circa del ghiaccio totale sul pianeta, si sta raffreddando da diversi decenni e aumenta la sua massa, ed è la prova del contrario. Per altri ancora, questi due fenomeni sono connessi, ma ancora c’è chi sostiene che significhino che siamo avviati ad un’era glaciale, chi sostiene che sia un effetto collaterale di bilanciamento dell’effetto serra e chi sostiene che siano cicli propri del pianeta e che non c’è un bel niente in arrivo.
Il parente di un carabiniere ucciso conta i morti di Nassiriya, anche un terrorista di alquaeda li conta. È lo stesso conto, sono conti diversi.
Per questo dico che non c’è nessuna verità nella scienza. La scienza non descrive il mondo, lo constata.

Ma si può andare oltre: O’Brien lo spiega in modo assai lucido: le dita alzate di una mano possono essere quattro, ma anche tre, o cinque, a seconda di cosa vogliamo vedere. A seconda di che cosa l’identità che scegliamo ci permette di vedere. La scienza ha il presupposto di poter descrivere il mondo quale è *davvero*, aldilà dei nostri schemi interpretativi, ma di fatto anch’essa FA PARTE dei nostri schemi interpretativi e altrimenti non potrebbe essere, perché siamo NOI a farne uso. Se poi ci sia davvero, una realtà *vera* e univoca, da qualche parte, non ha un bel niente a che fare con noi, perché ciascuno di noi, individualmente o collettivamente, può sempre e soltanto vivere e conoscere la realtà che disegna con gli strumenti che ha a disposizione, declinati alle proprie esigenze identitarie.
Il mondo, è quel che decidi.

10
Mag
13

Evolvere o morire

.

Io ritengo, per esperienza e inclinazione, che i sistemi chiusi nelle loro regole e incapaci di modificarle tendano a morire. E’ ovvio che i sistemi privi di regole di fatto nemmeno sono sistemi, e che per vivere e funzionare in modo associato occorra avere delle regole. Credo che lo sforzo di una società sana dovrebbe essere quello di aggiornarsi continuamente nei propri modelli e meccanismi, mentre spesso avviene esattamente l’opposto: chi impara a giocare e vincere secondo le regole, si arrocca su di esse e lotta strenuamente per impedire ogni mutamento.

09
Mag
13

Domande scomode

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La perversione consiste nel cercare di annegare il dolore, che è alla base di ogni processo evolutivo, con una marea di analgesici. Gli oggetti sono analgesici. Il possesso stesso è un analgesico. Il consumatore preferisce arrivare allo scambio di guida tra se stesso e l’oggetto che affrontare l’inconsistenza del suo bisogno, perché accorgersi che non ti serve né una macchina né un televisore né una carriera implica scoprire che non hai davvero bisogno di andare da nessuna parte, non hai davvero bisogno di vedere e sentire sconosciuti che pensano al posto tuo sui casi del mondo, non hai davvero bisogno di un riconoscimento sociale per esistere.

Ti toccherebbe domandarti dove cazzo vuoi davvero andare. Che cosa vuoi davvero vedere o ascoltare. Che cosa davvero ti attua.

E questo, fa male.




Stefano Re

Questo Blog raccoglie racconti, riflessioni, illazioni, delazioni e deliri di Stefano Re.

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