Archive for the 'Recensioni' Category

11
Set
09

shining

Raramente un film eguaglia la capacità evocativa e il fascino del libro da cui il soggetto è tratto, ma quando il regista è uno Stanley Kubrick al suo meglio e nel cast figura un calibro come Jack Nicholson, il miracolo si può compiere – ed è esattamente ciò che è avvenuto con questo stupendo film dell’orrore.

Jack Torrance, aspirante scrittore attualmente disoccupato, accetta quello che pare un ottimo lavoro stagionale: fare il custode dell’hotel Overlook durante la chiusura invernale. Un lavoro relativamente semplice, che consta nel mantenere attivi i sistemi vitali dell’albergo per evitare che vengano danneggiati dal gelo durante il lungo e rigido inverno sulle montagne. Ciò che rende quel lavoro poco appetibile è il senso di forte isolamento che si può provare passando mesi in un simile eremo – uno stress che ha portato il custode precedente a massacrare la sua famiglia e suicidarsi. Per nulla spaventato da questo precedente, anzi fidando sull’isolamento e la tranquillità per scrivere un romanzo, Jack condurrà sua moglie Wendy e suo figlio Danny nell’hotel e in loro compagnia affronterà l’inverno. Ma fin dal principio inquietanti segnali recepiti anzitutto dal giovanissimo e sensitivo (dotato dello “shining”) Danny, mostreranno in un crescendo di tensione il vero volto dell’albergo e dei suoi abitatori.

Se Qualcuno volò sul nido del cuculo ha lanciato Jack Nicholson è stato Shining a mostrarne la più caratteristica e intensa delle interpretazioni. Kubrick porta letteralmente a spasso lo spettatore lungo i corridoi dell’hotel, premessa all’ingresso nei labirinti che lo attendono nel giardino e nella mente, in una passeggiata tutt’altro che rilassante. Questo film è forse unico nel suo genere, poiché mai, né prima né in seguito, l’horror ha raggiunto livelli tanto elevati di qualità nella regia, nella recitazione e nelle atmosfere. Benché il sangue scorra letteralmente a fiumi, non è – come in fin troppi film dell’orrore – un escamotage per nascondere buchi narrativi o carenze del soggetto né tantomeno per mascherare assenza di spessore o di intensità dei personaggi. Al contrario, qui il sangue celebra recitazioni di altissimo livello, su un soggetto che starebbe in piedi anche senza una goccia rossa e su dialoghi che insinuano lentamente ma inesorabilmente lo spettatore lungo il percorso di una follia incalzante.

Capace di tenere inchiodato alla sedia e dare i brividi anche allo spettatore più smaliziato, Shining supera regolarmente il confronto con ogni altro film dell’orrore anche a trent’anni dalla sua uscita sul grande schermo.

SCHEDA
Shining
regia di Stanley Kubrick, anno 1980.
Personaggi e interpreti:
Jack Nicholson – Jack Torrance
Shelley Duvall – Wendy Torrance
Danny Lloyd – Danny Torrance
Scatman Crothers – Dick Hallorann

07
Set
09

Donnie Darko

Uno degli aspetti che maggiormente apprezzo nel cinema è quando è in grado di superare la barriera dello schermo e coinvolgere davvero lo spettatore. Non parlo semplicemente delle emozioni: quelle sono il livello minimo che un buon film dovrebbe trasmettere. Parlo della capacità del film di blandire, guidare, magari intrappolare lo spettatore in un gioco di specchi in cui il film non sia più, solamente, un passatempo passivo. Ci sono pochi film in grado di ottenere davvero simili risposte dallo spettatore, e uno di essi è certamente Donnie Darko. Il film criptico non è necessariamente un buon film: alcuni film semplicemente non hanno senso, o ne hanno ma è irraggiungibile. Donnie Darko appartiene invece alla categoria del film che offre delle tracce di interpretazione, in modo più o meno onesto, e lascia poi lo spettatore a scegliere se e in che misura rompercisi la testa. E davvero di rompicapo si tratta, coinvolgendo teorie sulla struttura del tempo e dello spazio, universi paralleli, azzardate nomenclature e un complicato, radicale riassetto della logica narrativa.

Una colonna sonora fresca e classica al tempo stesso, perfettamente integrata nella vicenda; l’uso del montaggio che sottolinea i cambi di regime del tempo narrativo; una sapiente scelta degli attori e delle immagini; una ottima fotografia e dei dialoghi strepitosi circondano e abbracciano la narrazione, condendo il film di un piacevole gusto di denuncia delle ipocrisie e della rigidità mentale imperante senza scadere nel “genere” e parimenti senza dare l’impressione d’essere soltanto cosmesi. I personaggi hanno un loro spessore, le prove di recitazione sono sopra la media. Tra i tanti ho trovato un ottimo Noah Wyle, cresciuto assai bene nel suo pronto soccorso; un convincente Patrick Swayze nei panni assai scomodi del predicatore segretamente pedofilo; una piacevole Drew Barrymore e un Jake Gyllenhaal assai promettente, che attendo di vedere fuori dalla felpa e senza sorriso imbambolato prima di sbilanciarmi troppo. Un film a più letture quindi, e tutte a semaforo verde, tanto nella sua struttura quanto nei suoi contenuti, primari, tangenti e trasversali che siano.

Che si tratti di una raffinata operazione commerciale, o se sia sperimentazione d’avanguardia – coraggiosa espressione artistica o sornione calcolo pubblicitario, di sicuro è un progetto ambizioso, ben curato, pungente ed efficace. Plauso a Richard Kelly, alla prima prova col lungometraggio. Promosso a pieni voti.

SCHEDA
Donnie Darko
regia di Richard Kelly, anno 2001.
Personaggi e interpreti:
Jake Gyllenhaal – Donnie Darko
James Duval – Frank
Patrick Swayze – Jim Cunningham
Jena Malone – Gretchen Ross
Noah Wyle – Prof. Kenneth Monnitoff
Drew Barrymore – Karen Pomeroy

–> Donnie Darko su IMDB [eng]

03
Set
09

Non è un paese per vecchi

Sì: ottima fotografia, ottima storia, ottimo montaggio, ottima non-musica, ottimi attori, ottimo tutto. Ma quello che mi ha colpito di più è come venga disegnata la sconfitta del cerchio.

Il vecchio sceriffo la sa lunga, e infatti indovina quasi tutto quello che succede, punto per punto, pur avendone solo frammenti sott’occhio. Capisce che cosa sta accadendo, prevede le mosse degli altri, fa del suo meglio per salvare il salvabile e invece non ne imbrocca una: tutti quelli che voleva salvare o proteggere gli crepano attorno e alla fine resta sconfitto a sognare suo padre che lo anticipa nei beati pascoli eterni, dove non faccia tanto freddo.

Il texano in fuga col grano è un duro, ma torna per dare un sorso d’acqua ad un tizio morente ed è esattamente da lì in poi che tutto gli rovina addosso. Anche lui è sveglio però, prevede le mosse del suo nemico, lo anticipa, lo prende in contropiede, non solo sfugge diverse volte ma quasi riesce ad ammazzare un immortale, eppure alla fine finisce accoppato da quattro sciammannati che lo incastrano con una battona qualsiasi.

Il secondo cacciatore anche lui è sveglio, sa tutte le regole del gioco, capisce e anticipa le mosse del texano, trova quel che nessuno è riuscito a trovare ma prima che riesca a metterci sopra le mani finisce anche lui ammazzato senza gloria né infamia.

Il tizio che ha finanziato la ricerca del tesoro, stessa storia: in gamba, pieno di mezzi, potente nel suo palazzo uffici patinato, eppure via anche lui come a tirare lo sciacquone.

E infine anche il superkiller, dopo aver giocato a scacchi con tizi armati fino ai denti e aver ammazzato mezza contea si ritrova con un nulla di fatto: non ha recuperato i soldi, non è stato ovviamente pagato, non ha ucciso chi voleva davvero uccidere. Lo schianto al semaforo con cui esce di scena è secondo me indicativo: neanche per lui il cerchio si chiude.

Mi viene in mente Dürrenmatt e il suo teorema ne “la promessa”: tutto rotola, niente torna. La sorte gioca a testa o croce, con tutti quanti.

SCHEDA
Non è un paese per vecchi
regia di Ethan e Joel Coen, anno 2007
Personaggi e interpreti:
Tommy Lee Jones – Sheriff Ed Tom Bell
Javier Bardem – Anton Chigurh
Josh Brolin – Llewelyn Moss
Woody Harrelson – Carson Wells

–> Non è un paese per vecchi su IMBD – [eng]

03
Set
09

Idiocracy

Il pregio di questo film è che maschera da film demenziale una spietata denuncia della dilagante pigrizia mentale.
Il protagonista, Joe, è un individuo di media intelligenza dei nostri tempi, in altre parole un ignorante, mentalmente pigro e mediamente imbecille. Eppure nel mondo in cui si viene a trovare appare un genio. La sua limitata e banale logica appare inarrivabile quando si scontra con la cieca ottusità di un popolo abituato a ritenere gli slogan pubblicitari quali verità autogiustifcantesi.

– Ma Brawndo è quello che vogliono le piante!
– Sì, ha gli elettroliti!
– Ma almeno lo sapete che cosa sono gli elettroliti?
– Quelli che usano per fare Brawndo.
– Si, ma perché li usano per fare Brawndo?
– Perché Brawndo ha gli elettroliti!

Il motivo per cui non può avere successo di pubblico è lampante: lo spettatore medio si identifica di più con gli ebeti del mondo del futuro che con il protagonista. E benché ebete, lo spettatore medio percepisce di essere sottilmente insultato per tutta la durata del film. Ovvio che possa solo biascicare: “che film stupido” e correre a casa ad accendere la televisione per ridere di gusto guardando Striscia la notizia o Vacanze di Natale.

SCHEDA
Idiocracy
regia di Mike Judge, anno 2006
Personaggi e interpreti:
Luke Wilson – Joe Bauers
Maya Rudolph – Rita
Dax Shepard – Frito

–> idiocracy su IMBD

02
Set
09

La passione di Cristo

La passione di Cristo è un film notevole.
Aldilà delle molte polemiche che lo hanno accompagnato, personalmente ritengo che segni il passo nella filmografia che si è occupata della figura di Gesù, per più di un motivo.

Anzitutto, le intenzioni. Mel Gibson, a mio giudizio, aveva un obiettivo preciso nel presentare con tanta determinazione la cruenza delle torture e della morte subite da Cristo. La passione e la crocifissione sono infatti state rappresentate sempre in modo assai “pulito” e incruento, fornendo allo spettatore una visione diafana, essenzialmente simbolica di quei vissuti. Gibson decide invece di fornirne il dettaglio umano, restituirne la crudezza esplicita, mostrando allo spettatore le carni lacerate e le ferite sanguinanti senza alcuna pudicizia estetica. Questo comporta almeno due passaggi essenziali: anzitutto riporta il cristo alla dimensione umana agli occhi dello spettatore. Se, nella religione cristiana, il messia si è sacrificato addossandosi tutti i peccati del mondo per mondarne noialtri, Gibson ci rammenta che non lo ha fatto con un gioco di prestigio indolore, che le corregge romane rompevano pelle e carne per davvero, le travi della croce erano di legno massiccio, le spine di rovo tagliavano la pelle della fronte e non stavano lì per bellezza. Insomma un Cristo fatto uomo e crepato in modo totalmente umano, sotto violenze totalmente umane. Il credente, nel vedere questo spettacolo, è condotto a rendersi conto che la crocifissione non è una barzelletta o un disegnino ma qualcosa di profondamente umano e doloroso, che lo riguarda da vicino.

La particolare efferatezza della sorte di Gesù appare costellata di casualità: per un soffio egli non viene salvato dal martirio in molte occasioni. Pilato si oppone alla sua morte, e lo manda alla fustigazione per salvargli la vita accontentando il sinedrio, ma i suoi ordini vengono travisati e i legionari infliggono al prigioniero un supplizio da solo in grado di ucciderlo. La scelta tra lui e barabba viene fatta ancora una volta nella speranza che il popolo condanni un assassino temuto, ma ancora una volta il destino di Cristo è segnato dalla peggiore delle sorti. È evidente nella narrazione filmica che quella sorte non è frutto del mero caso bensì parte di un programma preciso, divino appunto, che deve condurre l’innocente alla peggiore delle morti, scatenando il male degli uomini contro il rappresentante dell’innocenza, che con il suo sacrificio li mondi del peccato.

Poi, alcune coraggiose scelte narrative. Ad esempio quella di voler ricostruire in modo ancora una volta realistico e brutale i personaggi. Dall’odio dei farisei alla brutalità spiccia dei soldati romani, dalle partigianerie dei passanti al sorriso sdentato e stolido di Barabba, dai dubbi di Ponzio Pilato alle lacrime di Maria, la galleria di questi personaggi non trova paragoni nella filmografia precedente. Vedere i Barabba, i Pilato di tanti altri film dedicati alla vicenda a paragone con quelli offerti da Gibson strappa un sorriso amaro allo spettatore. Gibson li rende reali tanto quanto la filmografia precedente li aveva resi stereotipi e simbolici. Un bagno quindi nella realtà di un’epoca di cui abbiamo ricordi solo simbolici, resi emotivamente nulli dalla ripetizione del messaggio. In questi termini, l’evangelismo militante di Gibson risulta evidente.

In particolare la scelta dell’uso delle lingue originali è una trovata geniale, che offre una resa davvero eccezionale del clima, delle sfumature e dei distinguo in una realtà a noi tanto lontana. Spero sinceramente faccia scuola e diventi regola nei film ambienti in altri periodi storici, e magari anche nel raffigurare ambienti in cui si parli per ragioni culturali o geografiche lingue diverse dall’inglese.

Tornando al messaggio del film, oltre all’evidente evangelismo militante, trovo interessanti alcune sottolineature che Gibson ha voluto dare. Proprio nel narrare con tanta veridicità questa storia, Gibson pone inevitabilmente lo spettatore di fronte alla domanda. Finché la vita e la passione di Gesù restano favoletta stereotipa e soffusa di nubi di incenso, la propedeutica regna sovrana: si tratta di insegnamento per l’ascoltatore, amen. Ma qui non c’è nessuna retorica, non c’è nessuna simbologia sublimata: ci sono sangue e carne ferita, lacrime e sabbia, e lo spettatore viene scosso tanto nella sua emotività quanto nella sua razionalità vigile. Per cui la domanda giunge inevitabile:

La domanda, aldilà delle meccanica dei giochi e della loro rappresentazione, è questa: perché?

Perché mai il diavolo e Dio sarebbero in ballo sulla sorte di questo particolare individuo? Quale sarebbe la posta in gioco? Perché morendo innocente tra mille sofferenze Gesù segnerebbe un punto a favore di Dio e dell’umanità?

Nella raffigurazione di Gibson i tempi erano talmente empi ed ebbri di violenza e crudeltà che il diavolo poteva tranquillamente passeggiare tra gli uomini come fosse nel suo regno, e occorreva dunque da parte del padreterno una presa di posizione specifica. Gesù dunque arriva a fare da spugna per pulir via il male dall’uomo e raffigurare il perdono ed il monito di Dio in un colpo solo. Nelle facce spaventate dei suoi aguzzini in fuga dopo la sua morte ed il terremoto, il diavolo perde ogni potere e lo vediamo urlare di rabbia mentre viene precipitato nel suo arido inferno.
Ma tutto ciò è, in modo evidente, di importanza soltanto nel gioco delle parti Dio / Satana, perché gli uomini non sono cambiati dalla venuta di Gesù. Tanto che, a distanza di duemila e passa anni, abbiamo le stesse crudeltà, le stesse violenze vive e vegete a punteggiare la nostra permanenza sul pianeta terra. Quale che fosse l’importanza strategica della passione di cristo dunque, essa ha luogo soltanto dal punto di vista dei due sommi giocatori, e non ha esito decisivo per la condizione umana in sé, perlomeno non in termini percettibili all’essere umano stesso.

Gesù e la sua venuta, passione e morte per segnare un punto, insomma, nella partita. Una partita di cui gli uomini, tutti gli uomini, dai crudeli soldati romani rotti alle sofferenze proprie ed altrui al colto e dubbioso Pilato, dal ghignante assassino Barabba agli ispirati discepoli, da Maria madre in lacrime al bilioso Kaifa sarebbero tutti pedine più o meno consapevoli, oggetto del contendere senza nessuno specifico valore aggiunto.

Da buon ateo, questo film mi è piaciuto parecchio. Non so se lo avrei apprezzato altrettanto se fossi stato un credente.

SCHEDA
La passione di Cristo
regia di Mel Gibson, anno 2004.
Personaggi e interpreti:
James Caviezel – Gesù
Maia Morgenstern – Maria
Monica Bellucci – Maria Maddalena
Mattia Sbragia – Kaifa
Hristo Shopov – Ponzio Pilato
Rosalinda Celentano – Satana

La passione di Cristo su IMDB [eng]

31
Ago
09

Syriana

Molti hanno accolto questo film come l’ennesimo lungometraggio antibush. Moltissimi poi, come l’ennesimo lungometraggio antiamericano. Tutti infine, come l’ennesimo lungometraggio che critica l’operato della CIA.
Personalmente ritengo che nessuna di queste tre attribuzioni renda giustizia a Syriana.

Prima di addentrarmi nei contenuti, vorrei fare una menzione a mio parere doverosa sul lato tecnico. Un montaggio magistrale, che sfuma senza pietà le storie una dentro l’altra approfittando di una sceneggiatura eccezionale, in cui ogni dialogo avviene dopo o prima di un punto essenziale dell’intreccio che non viene però mostrato in modo esplicito, e lo spettatore resta a dover comprendere che cosa sia appena successo o che cosa stia per accadere senza che gli venga servito su un piatto d’argento ma soltanto suggerito, come nella realtà spesso avviene quando un sospetto diventa poi un pensiero e poi una preoccupazione e infine quasi una certezza tanto che al momento in cui cala la scure sai già, già sapevi.
E poi una musica che non concede sconti né requie e sottolinea ogni passaggio senza anticipare troppo, senza dimenticare nessuna sfumatura emotiva.
Un cast veramente d’eccezione, con l’abusato Matt Damon che però regge, regge alla perfezione, un occasionale William Hurt da brividi, l’inquietante anima nera del potere Christopher Plummer e poi una lunga, lunghissima galleria di personaggi intensi e centrati tra cui non posso non citare Alexander Siddig, perfetto nel suo ruolo di primogenito scomodo dell’Emiro. E ad ultimo il tormentato e scrupoloso agente della CIA che è valso un Oscar meritato a George Clooney.

E ora, finalmente, i contenuti.
Il film racconta le storie intrecciate ed intricate di quattro personaggi: un agente della CIA, un giovane avvocato di colore, un consulente finanziario d’alto livello e un giovane immigrato pakistano nel golfo persico. Le loro vite concorrono a tracciare un disegno, anche se nessuno tra essi ha mai occasione di conoscere gli altri. Ciascuno di loro ci porta a osservare un aspetto, un lato di una situazione complessa quale è oggi il mondo in cui viviamo, ovviamente da punti di vista profondamente diversi e distanti e parziali. Ma tutti questi sguardi lasciano allo spettatore un quadro coerente, connesso, globale – in cui nulla inizia e finisce in solo angolo del mondo. Tutto riguarda tutti e cercare di controllare la situazione è una follia, una illusione. Persino per chi sembra farlo, persino per chi sembra comandare tirando le leve del potere ogni esito è fortunoso, casuale, incidentale. E tutti sono colpevoli, nessuno è salvo. Non importa se si hanno tante o poche scelte, se si è ricchi o poveri, se le intenzioni erano nobili o spregevoli: il sistema ciecamente procede nella somma di ogni fattore, di ogni spinta e alla fine nulla è cambiato – e nulla è uguale a prima.

La CIA non è il grande cattivo. Al massimo è la stupidità, la banalità del potere esecutivo al servizio di chi paga. Ma neppure l’avvocato ombra dei petrolieri è veramente il grande cattivo: è soltanto un vecchio sopravvissuto, che si pasce dei cadaveri di ideali, che segue schemi rodati, e che si spaventa e fa marcia indietro quando bussano direttamente alle sue finestre. L’agente in rivolta non sceglie un’etica, ci viene forzato coltello alla gola. Ha ucciso e fatto uccidere senza domande fino a poco prima, professionista e letale nel suo ruolo, e cade ingenuo e imbranato nel cercar di disfare quel che ha fino ad allora compiuto, finendo solo con l’aiutare chi voleva ostacolare. L’avvocato che sembrava pecora timorata si rivela leone feroce, capace di sacrificare la vita degli altri senza scrupoli, e anche lui non ha mai scelta, solo quella di farsi tagliare la testa o di impugnare a sua volta la scure. Il giovane consulente poi vive il dramma più intenso e meno profondo: creare virtuosità dal marciume, arricchirsi consigliando ciò che è giusto fare, in posizione privilegiata. Ma dover ringraziare il lutto più grande per tutto questo. Doverci perdere il nido, inseguendo un sogno che non può e non deve diventare reale, perché prima che la corona sia data c’è il fuoco a bruciare ogni cosa e lasciarlo attonito e stordito a barcollare in cerca di ciò che resta del suo passato. E forse il peggiore dei drammi raccontati, quello di chi ha già perso tutto ciò che poteva perdere, cacciato sul fondo del pozzo della sua anima a calci e senza pietà, per poi esser curato con miele e odio e imboccato pian piano ad affetto e veleno finché non è pronto a sacrificare l’unica cosa che resta di lui: una immagine in tv, che spiega cosa desidera accada al suo funerale.

Non c’è un grande cattivo. Non c’è qualcun altro cui dare la colpa, anche se tutti ne vorrebbero uno.
Tutti, siamo cattivi.
Il mondo è ciò che siamo, tutti quanti.

SCHEDA
Syriana
regia di Stephen Gaghan, anno 2005.
Personaggi e interpreti:
George Clooney – Bob Barnes
Christopher Plummer – Dean Whiting
Jeffrey Wright – Bennett Holiday
Matt Damon – Bryan Woodman
Alexander Siddig – Nasir Al-Subaai
Kayvan Novak – Arash

Syriana su IMDB [ing]

31
Ago
09

Le Vite Degli Altri

La trama, non ve la dico proprio. Voglio solo commentare, perché vederlo mi ha ricordato chi sono, cosa scrivo, cosa sento.

Il grigio cenere di divise senza speranza, in cui trasfigurare il senso dell’esistenza. Le pareti soffocanti delle stanze degli interrogatori in cui ciò che insegno viene applicato, le ore ad ascoltare la vita degli altri per farne parole che li inchioderanno, il suono – il suono dell’orchestra che non permette di restare cattivi.

Il segreto, di un nastro rosso di coraggio nascosto nel pavimento.
La fedeltà, di tradire senza tradire e amare senza parole: la verità nella bugia e la verità che diventa bugia, per salvare, per salvarsi.

Gli occhi vivi di chi ha scoperto di avere un’anima e la vuole salvare, pagandone il prezzo.

Voglio credere che sia avvenuto davvero.

SCHEDA
Le Vite degli Altri
regia di Florian Henckel von Donnersmarck, anno 2006.
Personaggi e interpreti:
Sebastian Koch – Georg Dreyman
Hans-Uwe Bauer – Paul Hauser
Martina Gedeck – Christa-Maria Sieland
Ulrich Tukur – Anton Grubitz
Thomas Thieme – Bruno Hempf

Le vite degli altri su IMDB [ing]

14
Ago
09

Traffic

Pluridecorato, si merita tutti gli oscar che si è accaparrato. Anzitutto per la stupenda fotografia, che in un richiamo documentaristico ritrae una Tijuana bruciata dal sole e dalla crudezza delle relazioni in netto contrasto con una patinata, tecnologica e “evoluta” società americana. Tre storie e due società a confronto, in uno spareggio impietoso e cinicamente realista: da un lato Robert Wakefield, interpretato da Michael Douglas, alto giudice con l’incarico speciale di affrontare e risolvere il problema droga conferitogli direttamente dal Presidente degli Stati Uniti, dall’altro il poliziotto messicano Javier Rodriguez, un Benicio Del Toro al suo meglio. Entrambi motivati sia a livello personale che ideale in una lotta senza quartiere contro il narcotraffico, scontrandosi l’uno con una nebulosa di proclami e inettitudine burocratica e l’altro con brutalità e corruzione. Terza storia parallela quella della moglie di un narcotrafficante americano, dallo shock della scoperta alla spiazzante reazione, e dei poliziotti che indagano su di lei. Le storie si intrecciano in sitle telenovelas, mostrando spaccati essenziali e non privi di brutalità. Tutto è realistico, affascinante, spaventoso, estremo e quotidiano al tempo stesso: la schizofrenia un po’ ipcorcita della nostra realtà è messa a nudo con cinismo magistrale. Oltre alla sorpresa di un inedito Tomas Milian pelato nei panni di un Generale Salazar che sembra uscito da Apocalypse Now, è bello ritrovare Michael Douglas in un ruolo decente dopo una serie di boiate che facevano rimpiangere i telefilm “Sulle strade di San Francisco”. Forse poco verosimile la sua incursione disperata sulle strade, ma siamo comunque anni luce da patetici personaggi da operetta come in Basic Istinct. Benicio Del Toro si merita l’Oscar appieno:realistico, amaro, idealista, coraggioso, spaventato e disperato come un personaggio di Ellroy.

SCHEDA
Traffic
regia di Steven Soderbergh, anno 2000.
Personaggi e interpreti:
Michael Douglas – Judge Robert “Bob” Hudson Wakefield
Benicio Del Toro – Officer Javier Rodriguez Rodriguez
Tomas Milian – General Arturo Salazar
Alec Roberts – David Ayala
Catherine Zeta-Jones – Helena Ayala

Traffic su IMDB [ing]




Stefano Re

Questo Blog raccoglie racconti, riflessioni, illazioni, delazioni e deliri di Stefano Re.

AVVISO SUL COPYRIGHT

Alcune immagini e testi presentati su questo blog sono coperti da Copyright. Ne sono consentite la visione e la registrazione a uso privato. NON ne è consentita la commercializzazione in alcuna forma. Chi desiderasse farne uso nel proprio sito web è pregato di informarne l'autore.
Maggio: 2024
L M M G V S D
 12345
6789101112
13141516171819
20212223242526
2728293031