Archivio per settembre 2011

01
Set
11

ParanoiDay

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Oggi mi sono svegliato con la paranoia e ho deciso che un giorno ogni tanto se lo merita per cui la coltivo.

Oggi penso che stiate tutti mentendomi. Molti di voi nemmeno esistono, fingete. E se esistete non fate quel che dite di fare. (omissis) non è una agente letteraria, è un camionista bulgaro di 34 anni, amico d’infanzia di Herbert Ballerina. (omissis) è un gay represso che si è inventato un personaggio femminile nevrotico per vivere le perversioni della sua anima nascosta ma ormai ne è prigioniero. (omissis) è davvero una donna, ma i suoi capelli non sono tinti come sembrano, sono biondi naturali decolorati e poi ritinti per suscitare scalpore. (omissis) non è un simpatico buttafuori bolognese, è un paraplegico dotato di poteri telecinetici che indaga da anni sulla sparizione di Emanuela Orlandi e mi ritiene – giustamente – implicato nel caso. (omissis) non è un produttore cinematografico interessato ai miei libri, è un nano sordomuto segretamente innamorato della mia vicina di casa ed è a lei che vuole arrivare corteggiando me.

La mia ragazza in realtà è mia nonna.

E io in effetti sono un clone di Hitler malriuscito e rimasto in magazzino per tanto tempo, recuperato dalla CIA e dal vaticano e rimesso in funzione per scoprire i segreti delle teorie genetiche del Terzo Reich in un esperimento controllato. I miei genitori lo sapevano, erano al soldo del KGB però, e passavano informazioni a loro sottobanco. Quando li hanno scoperti li hanno fatti rapire da agenti israeliani per una settimana (altro che crociera a Malta, nel ‘95) e li hanno riprogrammati usando le tecniche apprese dagli alieni catturati nell’area 51. Ecco perché mio padre da allora scuote sempre il contenitore del sale quando siede a tavola. Mio fratello, il Drugo, non vive davvero in Brasile: è sotto processo a Bagdad per la sua collaborazione col Mullah Omar. Il Brasile in realtà è stato devastato da esperimenti con armi batteriologiche ventitré anni fa e da allora ospita soltanto insetti luminescenti.

Inutile mentire ancora, vi ho beccato.
Uno dei miei gatti è una proiezione olografica, l’altro in realtà è Stanislao Moulinsky.
Ma non mi fregate più: ormai ho visto la luce.

01
Set
11

E tutta quella neve

È andata così.
Da ragazzino capitava spesso: gita in montagna, neve e quindi sciare che lo sport ah lo sport è un toccasana per la crescita, dicono. E così spesso capitava: sci, scarponi, sciolina, attacchi, skilift, cartellino scemo attaccato alla fibbia della giacca a vento e grossi occhialoni con le lenti gialle.
Ma adesso tutto questo tralasciamolo, che voglio raccontarvi di come ho smesso.
Ero in coda, con tutti gli altri, a muovere i piedi a papera come una donna incinta cercando di evitare di posare il prolungamento legnoso e plastico dei miei piedi sul prolungamento legnoso e plastico dei piedi degli altri codisti, che sennò erano graffi e litigate, e la mia testa come sempre fa s’è messa a vagare di suo. Vagava, la mia testa, e mi son visto proprio com’ero, infagottato in piumini e pail con le labbra bianche di protettivo ad avanzare come nonna papera incinta verso lo skilift. E continuavo a vedermi, mentre un poveraccio spinzettava un buchetto nel cartoncino appesa alla zip della mia piumata coperta e io acchiappavo al volo con grossi guanti gommosi un cerchietto di plastica a imbuto infilandomelo allegramente tra le chiappe per poi venirne trascinato su su su lungo il pendio innevato. E mi osservavo ancora mentre salivo così, con attaccati ai piedi due pezzi di legno e plastica ancorati alle più grosse scarpe di plastica rigida imbottita che si possano usare su questo pianeta, su su coll’imbuto nel culo per arrivare in alto, dove poi la mia fervida mente mi vedeva già pronto a sciabordare a zig zag – ma anche dritto come un fuso a tratti, sfidando il nevischio sottile che punge qualche scorcio di pelle rimasto esposto, solo per raggiungere di nuovo una spianata dove fermarsi con eleganza per rimettermi in coda giocando a nonna papera. E mi son detto: ma che cazzo sto facendo?
Quando sono arrivato in cima alla pista ho sganciato gli sci, me li sono messi in spalla e sono sceso a piedi, ridendo. Non ho più sciato.

01
Set
11

Ma no, tu no.

C’è questa vecchia storiella del monaco zen che va a sedersi sulla cima di una montagna e rimane lì immobile a meditare per cinque anni e poi arriva un altro monaco e si siede accanto e dopo un mese si gratta il naso e passano altri due mesi e poi si gratta il naso di nuovo e allora dopo venti giorni il primo gli dice “se sei venuto qui a fare casino puoi anche andartene”. È che mi viene in mente, questa storiella, ogni volta che rifletto sulla possibilità di filarmela, trovarmi una montagna isolata e farne casa casina. Ogni volta che lo dico, qualcuno mi replica hey vengo anche io. Ma che cazzo, allora tanto vale restare qua, no? È sintomatico come il mondo sia così pieno di cose interessanti che oltre un certo margine iniziano a diventare completamente superflue.

01
Set
11

Le scarpe nuove di Amber

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Il fatto è che quando prendevo una curva ad una velocità non bassissima non sentivo più quel lieve e un po’ tamarro sgommare stridulo, sentivo delle grida disperate. E se la velocità non era esattamente moderata, le urla mi arrivavano in forma di necrologio pneumatico. Ed è così che ho capito che era tempo di stornare dalla spesa sigarette una voce di bilancio e ridirigerla alla sostituzione delle scarpe di Amber. Amber è una signora col suo carattere, coreana e decisa ma anche di classe, col suo stile un po’ aggressivo e per niente scontato. Ma ha i suoi anni, e va detto che li porta benissimo anche se non le ho dedicato le cure che avrebbe meritato. Come che sia, è tempo di donarle quattro scarpette di gomma tutte nuove con cui mordere l’asfalto bollente che ci circonda, ed è qui che inizia la mia avventura culturale nell’universo gommoso.

Non fatevi una idea sbagliata: non è che io sia uno di quelli che per comperare un accendino fa la comparazione dei prezzi in internet, ma J. insisteva che se ordini le gomme in Germania spendi un niente e non volevo mica deluderla. E così mi son messo a far ricerca, nel nome di J. e di Amber: è un fatto che le femmine ti rovinano, sia quelle biologiche che quelle meccaniche.

Mi armo del codice delle mie gomme, il codice ninja, il DNA stampato sul bordo pneumatico che permette di sapere il numero di scarpa di Amber. Per partire, sfruttiamo internet. Partiamo alla ricerca degli spacciatori di gomme online. Scopro subito che col mio codice ninja la galassia si popola. Dai 30 euro in su. Peccato che i siti siano volatili, alcuni manco si aprono, altri sì ma era meglio di no. L’unico affidabile è la bibbia del gommista faidate, dove però si parte dai 41 euro a gomma, e parliamo delle cinesi peggiori del mondo (ormai ho avviato il mio excursus culturale in materia gommica e posso permettermi di sogghignare). Diciamo che tengo buona la chance di minacciare di portarmele io le gomme solo per vedere se mi abbassano i prezzi.

A questo punto Pagine Gialle e chiamo tutti i gommisti in lista, uno per uno, per sapere quanto mi ruberanno per rifare le scarpe ad Amber. E scopro che la galassia è grande e variegata ed esistono più pneumatici e costi di montaggio e bilanciamento di quanti voi umani possiate immaginare. Tredici chiamate, tredici preventivi diversi. C’è chi dice tranquillo, le cinesi van benissimo il resto son balle per fotterti, portala anche ora che è agosto entro sera è fatta, e poi mi spara un 260 euro. E se facessi solo montaggio e bilanciamento e le gomme me le porto io? Già si rabbuia, faran 40 euro. Poi c’è chi dice 215 euro, gomme bulgare, perfette. Montaggio? 60 euro. Poi c’è chi dice non le ho, mi arriveranno, mi ripete il codice, caspita ma son vecchiotte stè gomme, al massimo venerdì, però mi deve dare un acconto, 185 euro, no cazzo ho sbagliato codice, me lo ripete, 230, mi lascia il nome? Grazie lo stesso, buongiorno: poi dicono che c’è crisi. Alla fine, opto per l’opzione numero 11: gomme Sava (è la “seconda linea” della GoodYear eh!), 200 euro tutto incluso (ottenuto con la minaccia di portarmele io le gomme), domani pomeriggio e mi dà anche la garanzia. Garanzia de che, penso, che non scoppino? Ma non dico nulla, occorre ben fermarsi prima o poi.
Chiamo J. per celebrare con lei la vittoria annunciata, e mi sento dire che le Sava le usavano suo nonno e suo padre e facevano cagare, e che le producono in Slovenia. Magari però è un caso. Magari. Maledetta GoodYear, maledetta globalizzazione, maledetti avi.

Amber, almeno tu, sorridimi. Domani pomeriggio ti regalo le scarpe nuove.




Stefano Re

Questo Blog raccoglie racconti, riflessioni, illazioni, delazioni e deliri di Stefano Re.

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