Camminavamo, io e Alessandro, nel cortile di questo ristorante o pizzeria che fosse. Alessandro è sposato con Sabrina, Sabrina è la donna che ho amato di più nella mia vita. Alessandro mi chiedeva: e allora, come va? Come stai? E io rispondevo “bene”. Poi però mi fermavo, lo guardavo e dicevo: “no, non sto bene. Non sto bene per niente. Vuoi davvero sapere come mi sento?”
E lui annuiva, con sincero interesse. Ecco perché gli dicevo:
“Nasci e ti parlano di questa mela che sta nella stanza accanto. Ti dicono quanto è dolce e succosa e colorata di verde e rosso e oro sfumati e tu hai subito l’acquolina in bocca.
Così appena puoi scantoni nella stanza accanto e ti ritrovi al buio. Ma te ne freghi e dici col cavolo che mi fermano, e corri e inciampi e sbatti da tutte le parti ma te ne freghi perché la vuoi quella mela. Poi finalmente tocchi qualcosa e sei al settimo cielo, poi però ti accorgi che è dura come il granito. La carezzi e ti accorgi che ha gli spigoli. Accendi un fiammifero e vedi che è un macigno di pietra. Resti un po’ interdetto, pieno di lividi e non esattamente felice, ed è quello il momento in cui ti viene dato in mano un piccone. E allora pensi che magari è là dentro quella mela del cazzo e ti metti a menare colpi e vai avanti e avanti e avanti perché cavolo adesso hai proprio fame.
Mi hai chiesto come mi sento? Mi sento stanco, sudato e annoiato. Con un piccone in mano.”
Stefano Re ©Settembre 2007
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